Racconto “quadrumane”

 

QUELLA SERA, SULL’ADIGETTO

Adigetto

 

 

Lorenzo era venuto apposta per rivederla. Era passato del tempo dall’ultima volta, poi le cose della vita, la famiglia e altro ancora lo avevano allontanato. Di lei conservava vivissimo lo sguardo, i suoi capelli, quel suo femminile incedere. E il  sottile accennato profumo della sua carne. Si erano lasciati troppo presto, colpiti da vite e scelte parallele che tuttavia avevano lasciato aperto un varco mai colmato. L’Adigetto è qualcosa di affascinante anche per chi è abituato ai grandi fiumi e agli attraversamenti monumentali in città. L’alveo ben marcato, le sponde curate, piccoli ponti pedonali che lo attraversano. E poi c’è la nebbia, che per intere stagioni lo rende più misterioso e intrigante, evocando le immagini degli  impressionisti sui temi intorno alla Senna o al Tamigi.

***

Il felpato sudario di quella fitta caligo rendeva metafisici i loro volti, quasi provenissero da un mondo iperuranio; per contrasto, brillava un ricordo di ardori mai spenti nei loro sguardi, pieni di passato  e ancora ingordi di futuro. Complice, l’Adigetto, abituato a gelare nei mesi più duri, quelli in cui Giulia bambina scivolava – di nascosto dai genitori – su quella pericolosa,  fragile lastra pietrificata, ora scorreva silente, senza sciabordio, quasi volesse carpire i segreti dei due innamorati.“Ricordi il primo bacio a San Michele in Monte, all’aperto, sotto la neve che fioccava incapace di freddare la nostra voglia di stare vicini…?” No, forse Lorenzo non ricordava quel preciso momento, col cameriere guardone che si spingeva fuori dal locale per inseguirli con occhio morboso . . . Ricordava il complesso della loro storia, spesso interrotta, ma mai finita, quasi un prodigioso fil rouge ricucisse i loro desideri. Sarebbe stata una bella unione la loro, se si fosse realmente potuta avverare, fatta di carne e spirito, di propensioni artistiche comuni. E poi Giulia avrebbe avuto tanto da imparare dal suo adorato Lorenzo. Soprattutto avrebbe potuto apprendere un po’ di ottimismo, di fiducia nella vita.“Quale sarebbe il tuo più grande desiderio, ora?”– Trascorrere due giorni interi a Venezia con te, visitando mostre d’arte, godendo della liquida malia lagunare”

 

***

“Non potremmo approfittare della tua permanenza a Spina, là non sei sempre accerchiata, quindi, potrei venirti a prendere, visto che tu non guidi nemmeno l’auto, e la più romantica delle città potrebbe restituirci un po’ di quanto abbiamo perso . . .”L’Adigetto gorgogliava piano, con voce sommessa e la nebbia si faceva sempre più fitta nel violetto della sera.

***                                   *

Ci fermammo quasi d’istinto e , guardandoci negli occhi, ci venne spontaneo appoggiarci a quella ringhiera in ferro, un po’ ottocentesca che aveva visto chissà quante altre soste, chissà quanti altri volti. Le presi la mano, avvolgendola con la mia sulla cimasa di ferro , un profilato un po’ invecchiato,  un po’ eroso dalla ruggine . Poi la girai verso di me, sentendola docile; le carezzai i capelli, la baciai sulla fronte, poi sugli occhi, poi ancora sulla punta del naso. Mi è sempre piaciuto accarezzare il naso col palmo della mano e baciarlo. Mi dà un piacere insolito. La nebbia dell’Adigetto svolgeva il suo tenero colpevole ruolo, consentendoci una  maggiore intimità. Riprendemmo a camminare lungo l’argine per traversare uno di quei piccoli ponti in ferro – credo ancora della stagione austroungarica – ed infilammo in un piccolo bar. C’erano già persone, sorridenti e avviate – si capiva – in conversazioni in cui un po’ tutti si ritrovavano. C’era libero un simpatico tavolo d’angolo che occupammo subito. Giulia si mise in libertà, appoggiando sulla terza sedia il soprabito e apparendo, come solo lei sapeva fare, con la sua melanconica gaiezza che mi faceva impazzire. Le accarezzai ancora la punta del naso. Lei mi rispose con un sorriso che coglievo fra il rimpianto e il desiderio.

 

*

Proprio in queste occasioni giocavamo a ricostruirci destini paralleli, come se la macchina del tempo avesse una retromarcia e potesse riportarci ai nostri vent’anni. Se quella volta, a Codigoro, invece di Giulia avessi invitato a ballare la sua vicina di posto, magari avrebbe potuto piacermi (no, no troppo truccata, amo un maquillage leggero, appena accennato, non mi piacciono i volti troppo artefatti . . .). Dunque, scartiamo l’ipotesi che io non l’avessi invitata. Però resta il fatto che lei mi avesse detto di no e si fosse messa a piroettare fra le braccia di un baldo ferrarese. Non credo nemmeno questo, perché i nostri sguardi si erano riconosciuti, come se da lungo tempo si cercassero. E poi c’era stata la piccola disputa su Bruno Zevi di cui lei aveva appena letto un saggio e la mia offerta di inviarle a casa un testo del mio insegnante di allora. Giusto pretesto per scambiarci gli indirizzi. E il libro le era giunto puntualmente a domicilio. Magari lo avrà sfogliato, seduta su una panchina, qui in riva all’Adigetto, mentre l’estate agonizzante s’inebriava del profumo dei tigli. Magari se ne sarà vantata con qualche amica (“ho un pretendente fiorentino . . .)E se io mi fossi dimenticato di inviarle il testo di architettura? E se fosse caduto in mano ad altra donna? Giocavamo con i nostri destini, mentre lei s’immalinconiva sempre più, perché – in quel momento – il rimpianto sopraffaceva il desiderio e i suoi occhi si velavano di una nebbiolina leggera, quasi a richiamare quella esterna.E se… “Basta con i se. Ci stiamo facendo del male e non mi hai ancora baciata sulla bocca”.Cerchiamo un luogo più appartato.Seguendo la Riviera Adigetto, oltrepassammo il ponte dell’Ospedale per giungere a quello dalle ampie arcate che sovrasta l’Adige, così pieno di suggestioni nel far della sera. Gli isolotti si vedono appena, a fior d’acqua e una vegetazione folta, ricca di alberi di noci e di piante di varia specie, ci venne incontro.Lo sciabordio della chiusa,  da cui nasce il figlio dell’Adige, sovrastava le nostre voci. Ora il desiderio pareva zittire il rimpianto, anche se i due sentimenti camminavano per vie parallele.

Cosa ci ha divisi? Esclamammo all’unisono.

Che senso ha tormentarci così?

Viviamo l’attimo, cogliamo il momento.

Facciamo progetti sul viaggetto veneziano.

Raccontiamoci una vita nuova, costruendola mentre la stiamo scrivendo.

Ma è surreale tutto questo.

Lasciamo consolarci dalla situazione surreale, mentre ti sfili gli abiti perché voglio baciarti ovunque.

Qui, all’aperto?

Sì, come in sogno.

Un sogno di vite parallele che si stanno incontrando.

Sembra filosofia della matematica.

Nel metafisico tutto è possibile.

Però le tue provocanti carezze e i tuoi baci non sono metafisici.

Sapessi quanto piacere sto provando . . .

 

*

Queste furono le sue – o le mie? – ultime parole.

Di slancio iniziò a rotolare lungo la sponda erbosa, più giù, sempre più giù. Fino a perdersi, con un sinistro tonfo, dentro l’acqua color della notte.

Galleggiò un attimo nei pressi delle Torri Marchesane e poi sparì, come una fatamorgana.

Corsi verso la mia Saab, affannosamente.

Chiavetta innestata, acceleratore premuto, il passato mi era del tutto alle spalle.

Nessuno torna indietro.

Racconto a quattro mani di G & F

 

 

 

 

7 responses to this post.

  1. No comment .
    Sta a voi commentare . . .

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    • Allora: sembrava la solita storia dei due eterni innamorati che si desiderano sempre e non si decidono mai sprecando il tempo e la possibilità di un rapporto intelligente, ma poi il racconto precipita inaspettatamente e la caduta di lei nell’acqua con la fuga di lui (che bravo, scappa invece di tentare di salvarla) rivolta tutta la storia definendola drammaticamente. Ecco come finisce quando due non concludono mai, visto che fare l’amore sul ciglio è un ulteriore rimando a chissà quando.

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      • A chissà quando, Mimma?
        A mai.
        Visto che l’esitante Lei è sparita tra i flutti, sotto lo sguardo indifferente di un Lui che, forse, non la meritava del tutto.
        Ho la sensazione che il racconto non ti sia piaciuto.
        Abbracciomattutino.
        grazia

  2. Un racconto a quattro mani, interessante esperimento e dalla narrazione è ben riuscito: coinvolge e affascina per l’esposizione elegante così ben curata, ma non solo.
    La storia di due innamorati che per forza di cose non riescono ad amarsi, ma poi si ritrovano in uno scenario che ben conoscevano sin dagli albori della loro storia. L’atmosfera complice farà da cornice anche in seguito, ma ancora una volta i due innamorati non potranno amarsi, perché in definitiva è solo un sogno e nella caduta di lei, vi è il passato che si allontana per sempre.
    Bravissimi, chapeau!

    Cara Grazia, ti lascio un mio affettuoso abbraccio.
    annamaria*

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  3. Cara Annamaria, generosa come sempre, passerò il tuo gradito “chapeau” a G.& F, certa che se lo litigheranno un po’. Ho dovuto persino trascrivere in corsivo le esternazioni di Lei che temeva di essere confusa nel fraseggio con Lui.
    Due egocentrici, amica cara, che dovrebbero venire un po’ da te a scuola di schietti sentimenti.
    Abbraccio stretto.
    g*

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  4. Chissà perché io avevo capito che a cadere in acqua fosse lui…
    La storia ha un andamento surreale, e questo si è detto, ma c’è anche un aspetto inquietante in quelle carezze sul naso, come se non giungere alla bocca facesse da freno.
    Due vite che tentano svolgimenti diversi da quelli del tran tran, ma l’epilogo, spiazzante, le rende alquanto sibilline.
    Il racconto tiene. Scrittura eccellente.
    un abbraccio*
    cri

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  5. grazie di cuore, cri, da grazia

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