Archive for the ‘letture’ Category

Quali letture vi hanno folgorati a 14 anni?
 

Il critico letterario Antonio d'Orrico nell rubrica su Sette – inserto del Corriere della Sera, dopo aver appreso da una lettrice di essere rimasta folgorata, quattordicenne, da Delitto e castigo (mio romanzo di culto) di Dostoevskij, allarga la domanda all'intera platea dei suoi lettori.
Non scrivo mai ai giornali, rispondendo a quesiti, ma questa volta mi sono concessa un'eccezione, estendendo anche a voi la medesima domanda. E qui postando la mia risposta:
"Qual è il libro che mi ha folgorato, quattordicenne? A dire la verità è stato un tandem di romanzi, ovvero   Anna Karenina e Madame Bovary, letti a giorni alterni da mia madre. Non c’era ancora la Tv in tutte le case.
La nostra grande cucina – per alcuni versi simile a quella del castello di Fratta di nievana memoria (mancava solo Martino Grattaformaggio) – accoglieva, dopo cena, vicini di casa, affascinati dalla voce di Hena, mia madre, che leggeva pagine scelte ad hoc per abituarci ad impegnate letture. Il confronto tra le due romanzesche adultere mi aveva così colpita che non vedevo l’ora venisse sera. Si era anche creata una specie di tifoseria. Da parte mia, pur apprezzando quasi in egual misura, la grandezza premuta dal fato dello scrittore russo e la vivacità crudele del francese – ero più attratta da Anna che non tradiva per noia, ma obbligata da una forza cui non si era saputa sottrarre. Le serate letterarie domestiche finirono. Presi a leggere e tanto, per conto mio, mai dimenticando le due eroine per sempre entrate nel mio immaginario".
 E voi, allora?


(immagine dal web)

Sto leggendo…
 

… per recensirlo, un piacevole romanzo di Stephanie Barron: Virginia Woolf e il giardino bianco (Tea). Virginia ha ispirato fior d'autori. Basterebbe pensare a The Hours di Michael Cunningham, per citarne uno fra i tanti. Ma non è del romanzo, appena iniziato, che voglio parlare, piuttosto della poesia di VIta Sackville-West (grande amore della Nostra), scritta nel 1930, che leggo quasi in esergo, intitolata:
 

Sissinghurst

Stanco nuotatore nelle onde del tempo
Sollevo le mie mani: la superficie si chiude:
Sprofondo nei secoli in un  altro clima,
E sepolti trovo il castello e la rosa.
Sepolti nel tempo e addormentati
Così sonnolenti, sommersi di vegetazione
Là dove il muschio è verde sulla pietra,
E il lichene macchia il torrione.
Sono affondata in un'immagine, annegata,
Dove non soffia il vento, né penetra alcun suono,
Illusoria, fragile al tocco, remota,
Naufragata nel pozzo degli anni così profondo
Come le acque di un fossato stagnante.
Tuttavia dentro e fuori da queste mura in rovina
Mi muovo e non un'increspatura, non un tremito,
Scuote il riflesso, benché le acque fremano.

 

Chissà, a quanti di noi ogni tanto tocca – metaforicamente – di "naufragare nel pozzo degli anni", come dice il Poeta. L'importante è riuscire a risorgere…. (g.g.)

Sto leggendo
 

Sto leggendo La famiglia Moskat di Isaac B. Singer (Longanesi), un vero capolavoro che – tra qualche giorno – rcensirò.
Lo consiglio per l'impianto tolstojano e la trama densa e coinvolgente.

(immagine dal web)

The end

Tutti noi conserviamo nella moviola del cuore non solo incipit, ma anche frasi finali di romanzi celebri che ci hanno particolarmente colpito.
"Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato" è l'epilogo del
Grande Gatsby di  Francis Scott Fitgerald.

Rossella suggerisce: "Domani è un altro giorno" , ultima frase di Via col vento di Margaret Mitchel. E che altro avrebbe potuto dire un blogger che porta il nome dell'eroina di quel romanzo? I traduttori furono in gran difficoltà nel rendere in italiano il nome proprio Scarlett. E fu veramente una trovata quella di tradurlo in Rossella, omonima della nostra Rossellina.

Annamaria propone il suggestivo epilogo di La Ballata di Iza" di Magda Szabò.
"Il vento soffiava, agitava la porta alle sue spalle. La caffettiera al neon versò un getto di caffè luminoso, ora era rosso, rosso fuoco.
  I morti non risposero." 

Telemacus è per l'excipit di "Non può piovere per sempre", tratto da Il Corvo

Cristina Bove, metaforicamente entra nel Giardino dei ciliegi di Anton Cechov per ricordarci l'emblematico finale:  "La vita è passata, e io non me ne sono neanche accorto."

Gino e Giusy  ripasseranno con comodo per rivelarci il loro epilogo del cuore.

Piergiuseppe ama la parafrasi e ci confida  "Così continuiamo ad avere il fegato dilaniato che ricrescerà durante la notte" (sic).

Cicabu ama On the road del bellissimo J.Kerouak (Nanda Pivano che lo conobbe personalmente, tanto ci ha confidato di questo singolare scrittore) e propone: "….e nessuno, nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventar vecchi, allora penso a Dean Moriarty, penso persino al vecchio Dean Moriarty, il padre che mai trovammo, penso a Dean Moriarty". 

E qui sentiamo l'attesa voce di Gino: Eccomi, la frase che ti propongo è tratta dal finale del romanzo " Nel fuoco" di Nicholas Evans :
– Le cose importanti della vita non accadono mai per caso. Bisogna saperle aspettare. Ma una spintarella al destino, ogni tanto, è necessario darla.
Un sorriso ed un affettuoso abbraccio.
Gino
 

Suggerite altri finali suggestivi?

Il giardino incantato

Chi non vorrebbe avere un giardino come quello che ci viene descritto da William Faulkner ne "La paga dei soldati"? Leggendone la descrizione ho sognato di esserci e di camminare per un attimo dentro quell’angolo di meraviglie. La penna dell’autore – premio Nobel nel 1950 – così lo dipinge: "Un viale di rose delimitava un sentiero di ghiaia che passava dal sole sotto un arco formato da due querce. Al di là delle querce, contro la parete di una schiera regolare di pioppi inquieti, v’erano le colonne di un tempietto greco, e gli stessi pioppi, con il loro vago verde slanciato, erano composti e vanesi, come fanciulle in un fregio. Contro una siepe di ligustro presto sarebbero apparsi gigli come monache in un chiostro, e giacinti azzurri, sognando Lesbo, facevano oscillare mute campane. Su una spalliera a  graticcio, il glicine avrebbe presto bruciato in lente fiamme lilla rovesciate, e seguendola essi giunsero infine davanti a un  rosaio isolato. I rami erano enormi e nodosi di vecchiaia, pesanti e scuri come un piedistallo di bronzo, coronati di un pallido, effimero oro".

I libri

"I libri sono gli amici più tranquilli e più costanti; essi sono i consiglieri più accessibili e più saggi e gli insegnanti più pazienti." (Charles W.Eliot)

"Un classico è un libro che non finisce mai di dire quello che ha da dire." (Italo Calvino)

"So esattamente come mi sono sentita quando ho letto per la prima volta I fratelli Karamazov. Posso ancora gustare le parole, odorare l’aria di un inverno russo." (Helen Thomson)

Ingorda di letture

Ingorda di letture, quale sono, penso proprio che cercherò di procurarmi la raccolta di  taccuini e appunti di Carlo Michelstaedter (1887-1910) – "Sfugge la vita" –  a cura di Angela Michelis, con la trascrizione dei testi dai manoscritti e le note di Rinaldo Allais, e con la postfazione di Marco Cerruti, editore Arragno, pp.LXV-293, € 14. Perché mi interessa tanto questa silloge? A causa della filosofia poetica del giovanissimo letterato goriziano, morto suicida, impegnato nell’indagare il senso profondo dell’esistenza, travolto da una sfida ossessiva, alla ricerca dell’attimo fuggente. "Speriamo che il tempo passi presto- dice MIchelstaedter – aspettiamo il responso del medico, l’esito delle elezioni, di un concorso, vogliamo che l’oggi passi quanto prima e così la vita non  è veramente mai…" Considerato uno dei più grandi e tragici geni poetico-filosofici del secolo, si è fatto cantore del "possesso presente della propria vita, vissuta a fondo, senza essere bruciata nell’impazienza di soddisfare un bisogno, nell’attesa che arrivi prima possibile il futuro.

Potete leggere qui una poesia scritta dall’autore quattro mesi prima del suo suicidio.

Glossario

In piena sintonia col caro amico Arnaldo Pini,  recentemente scomparso, finissimo poeta fiorentino, per lunghi anni responsabile degli appuntamenti culturali alle "Giubbe rosse", autore  di Marginalia, prefato da G.Pontiggia, anch’io amo molto le note, le glosse, se apposte in calce a testi di grande spessore. In questo caso, mi riferisco a Nietzsche, di Heidegger (Adelphi), dove a p.1019, leggiamo l’interpretazione di "Superomo", per cui N. non intenderebbe "un essere immaginario portentoso, ma l’uomo che supera, va oltre l’uomo che si è avuto finora. Con questa denominazione N. non designa affatto un  essere che non è più uomo. Il ‘super’, da intendere nel senso di ‘al di là’, ‘oltre’, è riferito a un  uomo ben determinato, il quale diviene visibile nella sua determinatezza solo quando si perviene, andando al di là di lui, a un uomo trasformato … Il superuomo non è un  essere favoloso, è colui che riconosce quest’ultimo uomo come tale e lo supera. Super-uomo, cioè colui che supera l’ ‘ultimo ‘ uomo e solo così lo bolla come ultimo uomo, come uomo che fa parte di quanto è stato finora".

Che Nietzsche volesse dire proprio questo? Qui resta aperto il campo delle interpretazioni…

Ho finito di leggere – non per recensirlo, solo per me stessa – il saggio su Vanessa e Virginia, le due geniali sorelle  cui ho fatto cenno qualche post più sotto. Quando chiudo una lettura così coinvolgente, oltretutto senza l’impegno di doverne poi scrivere a mia volta, provo sempre un senso di "solitudine", come se un’amicizia cara si allontanasse da me. Una sensazione ambivalente: perdita e arricchimento nel contempo; ho perso la pagina, ma mi sono rimaste dentro le riflessioni e lo strascico di pensiero che ne consegue. Da figlia unica quale sono, mi incuriosisce un rapporto fra sorelle, perdipiù  geniali quali sono state la Woolf (grande scrittrice) e la Bell (pittrice di raffinato talento). Amore ai limiti dell’incesto, invidia, costante confronto hanno abitato le loro esistenze tormentate e sopra le righe, vite di donne speciali. 

Ho quasi finito la lettura di Troppo amore, opera di Almudena Grandes. A giorni invierò la recensione al giornale cui collaboro. Queste scrittrici "erotiche" spesso mi sembra calchino la mano col preciso intento di "épater le bourgeois", pur essendo belle penne, donne acute, attente alle sfumature dell’anima, non solo al fuoco dei sensi. Mah, chissà?