IL LIBRO. «La Gloria» di Vladimir Nabokov
Martin e Sonja
quel che è lontano
diventa romanzo
Grazia Giordani
Il personaggio femminile prefigura Lolita che rese famoso lo scrittore
- giornale
venerdì 27 ottobre 2017 CULTURA, pagina 52
Certo Vladimir Nabokov (Pietroburgo, 1899-Montreux, 1977), conosciuto dai lettori soprattutto per il romanzo «Lolita» non è un autore per tutti, tanto è complessa la sua scrittura ricca di sinestesie e giochi di parole. Adelphi, specializzato nei romanzi raffinati, non banali, ci propone ora «La Gloria» (pp.245, euro 20, traduzione di Franca Pece). Quinto romanzo russo dell’autore. Scritto fra il 1930 e il 32, apparve a Parigi a puntate sulla rivista russa «Sovremennye zapiski», intitolato «Impresa valorosa». L’attuale edizione si basa sulla traduzione inglese di Dmitri Nabokov, rivista e introdotta dall’autore e pubblicata nel 1971 negli Stati Uniti sotto il nuovo titolo «Glory».
La trama è la storia del viaggio del giovane Martin Edelweiss, emigrato russo da Pietroburgo, che sogna di realizzare qualcosa di straordinario e sorprendere tutti con il proprio coraggio. Nonostante non abbia veramente amato suo padre, ne vorrebbe seguire le orme e spera di averne la fama, dato che questo è morto coraggiosamente in battaglia durante la rivoluzione russa. Con la madre Sofia si sposta dalla Crimea alla Svizzera, quindi va a studiare a Cambridge. Mentre è ospite a Londra, presso una famiglia, incontra Sonja (ragazza che prefigura in qualche modo il personaggio di Lolita, e spera di provocare l’interesse di lei verso di sé, in competizione con l’amico Darwin, attraverso un incontro di pugilato. Va quindi a Berlino e nel sud della Francia, seguendo il progetto inutile e folle di un rientro in Russia. Il protagonista, Martin, è un russo di origine svizzera e di madre anglomane, cresciuto, come l’autore, in un colto contesto plurilingue, ma non dotato al pari di altri eroi nabokoviani, di talento creativo. A rendere unico Martin, ingenuo, un po’ impacciato, persino scialbo, è la straordinaria capacità di esaltarsi per ogni piccola meraviglia del creato, di divorare con avida tenerezza la vita, di intendere la quotidianità come festa ininterrotta dei sensi. Lo anima una fantasia inesauribile che trapassa di continuo da sogni a occhi aperti, alle loro incarnazioni oniriche e viceversa.
Nella sua cameretta infantile, sulla parete sopra il letto, «era appeso l’acquerello di un fitto bosco con un sentiero serpeggiante che si perdeva nelle sue profondità»: e Martin aveva la precisa sensazione di esservi saltato dentro, una notte, esattamente come il protagonista della fiaba inglese che la madre gli leggeva da bambino.
L’acuirsi della sensibilità, l’attrazione magica ed irresistibile verso ciò che è lontano, proibito, vago, verso qualsiasi elemento capace di accendere la sua fantasia, diverrà il suo stemma araldico, quasi una consacrazione che lo contraddistinguerà per sempre.
«Martin è il più gentile, il più retto, il più commovente di tutti i miei giovani uomini»- ha scritto Nabokov, aggiungendo che Sonja (antesignana di Lolita) , la civetta capricciosa e spietata che affascina Martin, dovrebbe essere celebrata dagli esperti di lusinghe erotiche, come fra le più attraenti delle figure femminili uscite dalla sua penna di scrittore. Martin è dunque uno di quegli uomini rari per cui contano solo i sogni che cerca ostinatamente di realizzare per superare una sua sottostima di sé.
Un eroe delicato e malinconico, questo del geniale autore russo, una originalissima figura controcorrente.
Grazia Giordani