Il bagnino si chiama Salvo. Di nome. E di fatto. E’ bello stampato sulla maglietta rossa, a ricordare a tutti che lui è lì per fare il suo dovere. Anche se dovrebbe fare altro, anche se non ha le physique du rol, ora è lui il re della spiaggia.
Il comune di Abbamala ha già impegnato tutti i fondi di bilancio nelle ventiquattro sagre estive in programma e ha dovuto affidare al vigile urbano quel compito delicato. Così Salvo, dai primi di Giugno, tutte le mattine, alle sette, si prepara. Fa alcune flessioni, un’ abbondante colazione a base di “frue” con pomodori, si guarda allo specchio e si pettina i pochi capelli. Poi, ogni giorno, cerca di trattenere il respiro più a lungo, per vedere fino a che punto può nascondere la pancia; indossa la sua nuova divisa che non gli piace per niente, con quel fischietto che sparisce nel folto pelame del petto e i boxer che mettono in bella mostra le sue gambe magre e storte. Saluta la moglie ed esce, puntuale come sempre. Alle otto è in spiaggia a gridare ai bambini della colonia “il petto e la nnucca, il petto e la nnucca, bagnatevi il petto e la nnucca”.
Ci siamo anche noi, io e Polanca. Siamo usciti presto, stamattina, con la speranza di trovare meno gente. Invece lo sbarco degli Unni ha invaso anche questo tratto di costa. L’arenile è pieno di lardo e cellulite, di bambini vocianti e madri isteriche, di racchettoni e bocce di plastica, di coccobbelli e cappellini, di superpalestrati che passeggiano sul bagnasciuga con la testa ruotata di novanta gradi per guardare tutti gli ombrelloni.
– Andiamo via – mi fa, Polanca – io di questo posto voglio conservare almeno la memoria, andiamo a invocare uno Tsunami.
Gli dico che adesso non ho voglia di cercare un’altra spiaggia, facciamoci un bagno e sfruttiamo almeno i tre euro di parcheggio che abbiamo pagato. A malincuore, mi segue nella gimcana fra gli asciugamani fino a trovare un metro quadro libero. Quando ci stendiamo è di pessimo umore. Per fortuna quasi subito ci buttiamo in acqua, proprio davanti alle evoluzioni di Salvo che continua a dare istruzioni. Polanca se ne sta lì a guardarlo fisso, sorridente. Quando fa così c’è qualcosa che non vuole farsi sfuggire. Dopo un po’ li vedo che parlano fitto fitto e ridono come vecchi compagni di leva. Non passa neanche un minuto e Salvo si dirige al suo ombrellone, apre la borsa frigo e prende una bottiglia di vino con due bicchieri. Brindano, ora, chissà a che cosa. Li lascio così, con i piedi nella risacca, col mare davanti e tutta quella carne unta alle loro spalle, felici di essersi incontrati.
Quando mi raggiunge nella nostra postazione ha gli occhi lucidi, Polanca. Dice solo “troppo forte” e non capisco se si riferisca al bagnino autoctono o al vino locale. Si stende a pancia in giù e non parla più per quasi un’ora. Ma non sta dormendo. Ha lo sguardo vigile che scruta in direzione di una famiglia di turisti. Lombardi, dall’accento. Sembra un cane da punta, immobile, con gli occhi che seguono ogni minimo movimento. A un certo punto si alza, di scatto.
– Lo sapevo, si capiva che questi sono coglioni.
– Cosa c’è?
– Non hai visto il tipo? Ha aperto una bottiglia di birra e ha buttato il tappo nella sabbia. Ora vado a dirgli qualcosa.
– Ma lascia stare, dopo lo raccogliamo noi. Magari l’ha fatto distrattamente.
– Sì, e magari distrattamente ha votato pure per chi so io.
Non lo trattengo. E’ già lì che raccoglie il tappo e si avvicina con un dito alzato in segno di scusa.
– Scusi, signore, scusi… guardi ha perso questo, le è volato via, non so come ma le è volato via, forse il vento.
– Che vento?- fa il tipo.
– Non so, ci deve essere stata una folata.
– No, non si preoccupi, l’ho buttato.
– No, non è possibile.
– Come no, è proprio così, mi ricordo benissimo.
– Cioè, lei mi vuole dire che è così cretino? Sta sottoscrivendo di pugno la sua cialtroneria? Non posso crederci, anche perché da quelle parti siete maestri di civiltà. La prego, mi dica che è stato il vento.
– Ma si può sapere che cazzo vuoi?
A quel punto, Polanca, non discute più. Si mette a urlare:
– Bagninooo, bagninooo, aiuto c’è qualcuno che affoga!
Salvo è a pochi passi, guarda verso il mare, poi si guarda intorno. Vede Polanca che lo chiama.
– Itte b’at?
– Guardi, bagnino, quest’uomo sta affogando, sta annegando nella sua coglionaggine. Faccia qualcosa.
Salvo scuote la testa. – Sì sì, è proprio in pericolo- fa, rivolto al mio amico.
Poi, di peso, prende il lumbard. Polanca lo aiuta a trascinarlo. Lo portano fino al cassonetto, nello sterrato. E lo scaricano dentro.
Quando tornano, stanno parlando della sagra del torrone salato.
– Ma che roba è?
– Invenzioni. Domani c’è quella del basilico di montagna.