Amazzonia gotica Álvaro Mutis riesce nella magia
Il racconto nato dalla scommessa con Buñuel: trapiantare un genere
Chi ha amato Álvaro Mutis (1923, Bogotà – 2013, Città del Messico), il grande scrittore e poeta colombiano, lo ricorderà soprattutto per il romanzo La neve dell’Ammiraglio in cui Magroll il Gabbiere «marinaio delle vele di gabbia», risalendo il fiume verso una meta irraggiungibile. Chi si è appassionato a quell’Amazzonia metafisica troverà non meno coinvolgente La casa di Araucaíma, seguito da altri suggestivi racconti (176 pagine, 10 euro) che Adelphi ora propone, vestito da un’allusiva copertina opera di Julio Romero de Torres. Il quasi romanzo ha avuto una stravagante origine, nato da una scommessa tra l’autore e il regista Luis Buñuel che si chiedeva se fosse mai possibile rappresentare in America Latina un genere europeo come il gotico. Fortunatamente per noi, Mutis accettò la provocazione, lasciando da parte l’amata poesia, per avventurarsi nel genere. Sfida vinta: al posto dei castelli inglesi o delle brughiere, funzionano altrettanto bene le piantagioni di caffè.
NELL’IMMENSO CASALE del racconto, chiamato Araucaíma, isolato nella campagna tropicale e sospeso in un tempo senza tempo, incontriamo sei personaggi: il guardiano, il proprietario, il servo, il frate, il pilota e la Machiche, unica donna «femmina matura e rigogliosa. Donna di candida pelle, grandi seni molli, fianchi poderosi e grosse natiche, occhi neri e uno di quei volti dalla mascella forte, gli zigomi grandi e la bocca avida, quali erano soliti disegnare i vignettisti della Parigi galante del secolo scorso».
L’arrivo di Angela, giovane modella, protagonista di un cortometraggio pubblicitario, rompe il consolidato equilibrio. La ragazza accende il desiderio dei personaggi, prima appagati dalla consuetudine. Attratta dalla casa così singolare, Angela vi si insedia spontaneamente, cerca di ambientarsi, pernottando per le prime due notti nella stanza della Machiche; ben presto sarà travolta dalla carica sessuale del pilota; non si farà mancare un’accesa relazione con il frate, fino a quando il servo, stuzzicato dall’invidia del padrone, la sedurrà. A questo punto la Machiche, avvelenata dalla gelosia, decide di possederla e, dopo averla quasi stregata col suo eros perverso, la abbandona come se non valesse più nulla, nella più gelida indifferenza. La tragedia dell’epilogo è solo una conseguenza della frattura di un ordine prestabilito per cui «gli eventi sfociano in una serie di assassinii mossi dal torrente esasperato della passione».
Insomma, l’arrivo di Angela coincide con la catastrofe più assoluta. Angela morirà suicida. Nemmeno gli altri personaggi sfuggiranno alla morte, come a dire che l’ingresso della giovane nella casa allude alla disobbedienza a un’interdizione, ovvero alla violazione di un patto stabilito tra gli abitanti.
Un racconto di tale finezza letteraria va scandagliato nei suoi significati più profondi. Molto apprezzato anche da Gabriel Garcia Marquez, amico dell’autore, il racconto si legge d’un fiato, incuriositi dalle parole, a partire da Araucaíma: parrebbe essere un’invenzione dello stesso Mutis, da Arauca — il fiume latinoamericano che bagna l’omonima provincia della Colombia nordorientale, al confine con il Venezuela — mentre la desinenza «ima» richiamerebbe i paesi nella memoria del Poeta. Anche questa curiosità lessicale regala un mistero in più al realismo magico di questa scrittura densa di suggestioni.