A Ferrara nei luoghi del mistero

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Nella nuova silloge di Maria Teresa Mistri  A Ferrara nei luoghi del mistero ( Edizioni Cartografica, pp.105, euro 12), troviamo ancora una volta conferma dell’amore che l’autrice nutre per la sua città. Questa volta,  con un’attenzione ancora più particolareggiata, sottesa da una limpida prosa fluente, ricca di evocativa poesia. Ci sembra che la saggista con grazia gentile sappia penetrare più che mai il cuore segreto della sua Ferrara, oscillando tra storia e leggenda, facendo riaffiorare dimenticati misteri che le offrono l’estro per dipingere piccoli ritratti anche del patrimonio monumentale, parlandoci, fra l’altro, delle “delizie” estensi, vedasi quelle di Belriguardo o del Verginese.o di preziose chiese  come quella di San Romano, San Francesco o  San Domenico. Luoghi – questi – dove la proustiana air du temps si è coagulata, evocando voci di donne tradite, di bambini abbandonati o di mariti accecati dalla gelosia. Eppure, la scrittura della Nostra non assume mai note terrificanti, navigando con levitas nel mare della favola, tanto che questo suo testo potrebbe essere piacevole lettura per adulti e bambini.Indimenticabili figure femminili come quella di Orsina (che incontriamo a “Villa Braschi”) eroina settecentesca “promessa sposa ad un nobile bolognese al quale era legata da un profondo sentimento d’amore”, stroncata dal dolore alla notizia della morte del fidanzato durante una battuta di caccia, emblema di un sentimento che travalica la morte, capace di uscire dal suo stesso ritratto, come un’apparizione, in perfetta sintonia con un’eroina di E.A. Poe.E che dire di Violante, rimasta incinta del sedicenne Alfonsino, il minore dei due figli che “il Duca Alfonso I ebbe da Laura Dianti, la bella popolana da lui amata dopo la morte della moglie Lucrezia Borgia”? Il fatto che la giovane, “promettente sonatrice di liuto” avesse addirittura tentato il suicidio, offre l’estro all’autrice per sottolineare una nota sociale, legata agli usi morali del tempo, dove il senso dell’onore era vissuto in maniera bigotta anche fra i nobili e la gente di ceto elevato.Certo, né Orsina né Violante – anche se per differenti ragioni –  ebbero un lieto destino, tramutate in luminescenti epifanie, addolorati fantasmi, entrati a buon diritto nella leggenda.Di pagina in pagina, incontriamo morti per veneficio, Templari che riappaiono, donne dal cuore trafitto, uomini imbufaliti dalla gelosia, ma non respiriamo un vero dramma, il sapore della leggenda addolcisce la tragedia e la prosa  si fa polifonia di voci, odori ed apparizioni, cullando le nostre fantasie, desiderosi sempre più di tornare nella superba città estense, perché l’autrice sa incuriosirci con abile penna.

Grazia Giordani

7 responses to this post.

  1. Non riesco a mettere l’immagine di copertina, ahimè

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  2. Ho ascoltato la tua presentazione, ho letto il libro è concordo su quanto ha scritto in questa recensione che rende pieno merito sia all’autrice sia al contenuto del libro.
    Si legge svelto perché la prosa è fluida, scorrevole e piacevole. Sembrano come tanti post che raccolti insieme ci permettono di conoscere delle storie minori ma non meno importanti di Ferrara.
    Un abbraccio
    Gian Paolo

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  3. Una prosa interessante che induce alla lettura. Complimenti a te, carissima Grazia, e all’autrice.
    un abbraccio
    annamaria

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  4. Sono riuscita a mettere anche la foto.

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