Il pensionante

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16.02.2015

Nel noir d’annata il finale tenero fa anche più male

«Il pensionante», vero capolavoro nella serie dei «romanzi duri»

Noir d’annata, Le locataire fu da Georges Simenon stesso collocato nel suo filone del «roman dur», dove la crisi dei personaggi diventa nucleo forte. Scritto a Marsilly, nella Charente-Maritime, nell’autunno del 1933, apparì a stampa l’anno seguente.
Con questo libro l’autore entrò a far parte della scuderia Gallimard. Ora Adelphi, che da trent’anni cura l’opera omnia di simenon, lo ripropone (Il pensionante, 167 pagine, 18 euro), tradotto da Laura Frausin Guarino.
I PROTAGONISTI Élie Nagéar e Sylvie Baron si erano conosciuti due settimane prima a bordo del piroscafo Théophile Gautier. La ragazza, piuttosto vistosa e tutt’altro che raffinata nelle sue pretese di giocare alla gran dama, proveniva dal Cairo, dove aveva lavorato come entraîneuse al Tabarin; il giovanotto veniva da Istambul e si recava a Bruxelles, con la speranza di vendere tappeti di pregio. Ma prima dovrà sbloccarli alla dogana, perché è una vita di espedienti quella di questo trentacinquenne turco di origine portoghese, piuttosto di piacevole aspetto, certamente più raffinato della popolana Sylvie, sempre disponibile al miglior offerente.
I due alloggiano insieme all’Hotel Palace. Fatale è l’incontro, una sera, al Merry Grill con un grosso olandese pronto a offrire champagne a compiacenti ragazze.
NATURALMENTE, Sylvie lo tiene d’occhio e la malasorte gioca un brutto scherzo al gaudente Van Der Gruyssen — ribattezzato Van Der Coso dall’avida ragazza — poiché le loro stanze sono confinanti. E questo ha permesso a Nagéar, guardando dalla serratura, di scoprire che l’olandese aveva in una valigetta dieci mazzette di banconote. L’ambiguo turco lo segue nel viaggio in treno, munito di una robusta chiave inglese. Spietata la descrizione dell’omicidio per impossessarsi del danaro.
Élie, giunto a Bruxelles, si sente spiazzato, in un universo ostile. E sarà proprio la ritrovata Sylvie a porgergli aiuto, non certo, per improvvisa generosità, ma per spartirsi l’insanguinato bottino.
«Va a Clarleroi. Al 53 di rue du Laveu troverai un’affittacamere. Ce n’è giusto una libera, è casa mia. Dirai a mia madre che ti mando io. Le spiegherai che nel tuo paese ti sei occupato di politica e che preferisci non essere registrato dalla polizia. Pagale un anticipo di tre mesi, e mia madre terrà la bocca chiusa».
COME SEMPRE, nei romanzi del grande autore belga, il pregio più alto consiste nell’atmosfera, nel clima che respiriamo insieme ai personaggi. Anche noi, insieme all’omicida, vaghiamo dentro le stanze di questa modesta pensione di famiglia e seguiamo la tarchiata signora Baron «dal sedere basso», mentre sbuccia patate e cipolle per le sue zuppe e vediamo un mondo in bianco/nero, con il carbone che sporca l’aria e la neve. Avvertiamo i sospetti della madre di Sylvie e della sorella Antoinette e sentiamo le voci degli altri pensionanti e dell’ignaro padrone di casa funzionario delle ferrovie.
Nel tragico finale, vero colpo d’ala di un romanzo cruento, alita, a sorpresa, una nota di tenerezza che non ci saremmo aspettati a che regala un pregio in più alle belle pagine del noir.
Il romanzo ebbe la sua trasposizione cinematografica nel 1982 con L’Etoile du Nord, diretto da Pierre-Granier-Deferre e interpretato da Simone Signoret e Philippe Noiret.

Grazia Giordani

2 responses to this post.

  1. Splendido noir

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  2. Simeno è sempre un maestro. Quasi quasi corro a comprarlo.
    Un abbraccio
    Gian Paolo

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